Capita che, dopo una mattinata di studio e di osservazione della linea ferroviaria Santhià-Arona, si entri in un ristorante di Carisio, scelto per caso, e si notino appese al muro della sala da pranzo quattro bellissime e suggestive fotografie.
Sono le fotografie che documentano il crollo del ponte di Buronzo sul fiume Cervo avvenuto una sera del dicembre 1974, proprio mentre transitava un treno proveniente da Santhià. Ecco come Mario Matto, autore del volume “Santhià e la ferrovia, una storia che dura da 150 anni“, racconta l’accaduto:
“Pochi anni dopo l’alluvione che colpì la Santhià-Arona nel 1968, la stessa linea fu interessata da un altro fatto singolare, ancora legato all’azione dei numerosi torrenti che vengono attraversati. Ci riferiamo all’incredibile vicenda legata al crollo del ponte sul torrente Cervo, nei pressi di Buronzo, avvenuto sotto il peso di un convoglio, pochi giorni prima del Natale 1974. Si trattò di un’incidente ferroviario dalle conseguenze potenzialmente gravi; solo il fatto che il ponte avesse impiegato qualche istante a cedere del tutto e, sopratutto, che la vettura coinvolta nel crollo non si fosse rovesciata, scongiurarono conseguenze peggiori.
Seguiamo la vicenda dal giornale vercellese “La Sesia” di martedì 24 dicembre, che titola “Evitata per miracolo una tragedia a Buronzo. Crolla il ponte sul Cervo mentre transita il treno”. Il fatto avviene sabato 21 dicembre 1974, poco dopo le ore 21, nel buio pressoché totale della campagna. Il treno 3367, costituito da una coppia di ALn 668 Breda, parte regolarmente da Santhià alle 20.50. A bordo si trovano circa 15 viaggiatori, tra personale e passeggeri. Giunto sul ponte che attraversa il torrente Cervo, una struttura in mattoni risalente al 1905, epoca di costruzione della linea, e situata a circa un Km a sud di Buronzo, il macchinista si accorge di un anomalo abbassamento della rotaia di sinistra, così evidente da causare un’inconsueta inclinazione del convoglio. Ormai è troppo tardi per potersi fermare in tempo utile; anzi l’unica speranza è quella di poter superare rapidamente il ponte, prima dell’imminente collasso della struttura. Ma la speranza è vana, poiché solo la prima automotrice riesce a raggiungere la parte avanzata del ponte, non interessata dal cedimento strutturale; la seconda al contrario, pur restando inizialmente attaccata alla prima, viene coinvolta nel crollo, finendo per rimanere incastrata tra le macerie del ponte. Questa situazione causa un forte contraccolpo ad entrambe le vetture, determinando il brusco blocco del convoglio. I viaggiatori della della seconda vettura, praticamente sospesa sul greto del fiume e in equilibrio precario su ciò che restava dell’arcata centrale del ponte, vengono fatti rapidamente passare sulla prima automotrice che, come detto, aveva fortunatamente potuto raggiungere un’arcata non coinvolta nel crollo.
Pochi minuti dopo, la sezione centrale del ponte cede quasi completamente […]; la vettura rimane comunque in bilico, restando appoggiata su uno dei piloni del ponte (e così rimarrà per alcuni giorni, fino alla sua rimozione).
Il personale della stazione di Buronzo, che non vede arrivare il treno già annunciato e che evidentemente inizia a temere che vi sia stato un’incidente, pochi minuti dopo vede giungere i primi superstiti, a piedi, lungo la linea; naturalmente dà subito l’allarme e presto arrivano anche i Carabinieri, i Vigili del Fuoco e il personale delle FS. Dai vicini ospedali di Santhià e Gattinara vengono fatte affluire tutte le autoambulanze disponibili, nel timore che la sciagura possa avere provocato vittime o feriti gravi. Quando i primi soccorritori giungono sul posto, però, tutti i passeggeri sono già riusciti a mettersi in salvo, nonostante il buio della notte. Solo cinque persone risultano ferite: per tre di queste si è trattato solo di qualche contusione, tanto da non richiedere medicazioni; due altri feriti vengono invece ricoverati, rispettivamente, negli ospedali di Santhià e Gattinara.
Nei giorni successivi si recò sul posto il Sostituto Procuratore della Repubblica di Vercelli, che dispose un’indagine per accertare eventuali responsabilità.
L’ipotesi di un attentato dinamitardo al ponte, formulata in un primo momento, venne scartata dagli inquirenti subito dopo avere compiuto i primi accertamenti. Esistevano peraltro rapporti che attestavano che la struttura risultava danneggiata da alcune bombe sganciate durante la Seconda Guerra Mondiale dagli Angloamericani; tuttavia il ponte era stato giudicato atto al transito dei veicoli. Vennero eseguiti controlli anche durante il periodo di chiusura della linea resosi necessario per ripristinare la percorribilità dei tratti danneggiati dall’alluvione del 1968, controlli che evidenziarono qualche danno strutturale di modesta entità e comportarono alcuni interventi di consolidamento. Ma nulla lasciava presagire, a quel tempo, il rischio di un crollo.
Le causa più probabili dello stesso vennero perciò addebitate alle periodiche piene del torrente Cervo, che avevano progressivamente abbassato l’alveo, scoprendo poco alla volta le fondamenta della struttura. In seguito all’opera di erosione operata dalle acque, dunque, la stabilità del ponte sarebbe stata poco alla volta compromessa. La cosa incredibile è che numerosi pescatori che frequentavano la zona, avevano segnalato, nei mesi precedenti che le fondamenta del ponte risultavano pressoché interamente disalveate , e che a loro giudizio la struttura non era più da ritenersi sicura.
Evidentemente non fu data alcuna importanza alle segnalazioni! C’è pure da stupirsi che i periodici controlli effettuati lungo la linea (l’ultimo dei quali pochi giorni prima) non abbiano permesso di rilevare almeno qualche segno dell’imminente cedimento strutturale.
Il ponte venne ricostruito celermente e la linea potè essere riaperta il successivo 1° Maggio 1975.
Citiamo ancora una curiosità: prima della riapertura, le prove di stabilità della nuova struttura vennero eseguite “lanciando” a ben 120 Km/h alcuni locomotori Diesel e qualche vagone carico di sabbia e pietre. Visto che la linea, dopo il declassamento, permetteva una velocità di 70 Km/h per il rango B e di 60 per il rango A, fu necessario rifare l’armamento anche lungo le rampe di accesso al ponte, per consentire al materiale di incrementare gradualmente la velocità. Fu così, che, per un decennio, dal 1975 alla riqualificazione generale della linea (terminata nel 1986), chi percorreva la tratta da Carisio-Buronzo si accorgeva che, a un certo punto, cessava improvvisamente il caratteristico rumore delle giunte, per almeno un buon minuto di viaggio, salvo poi riprendere, altrettanto improvvisamente, una volta ritornati sul tratto non ricostruito (dove riprendevano i poderosi “scossoni” generati dall’armamento non più ottimale).
Mario Matto, “Santhià e la ferrovia, una storia che dura da 150 anni”, Grafica Santhiatese, Santhià, 2006, pp. 83-86.
Oggi il nuovo ponte di Buronzo è questo, in cemento armato a tre luci.
Si ringrazia Enos Migliorini, di Santhià, per averci dato le sue fotografie storiche.